Pensa se Portofino potesse essere dei romagnoli!

Ti è mai capitato di essere nel posto giusto al momento giusto, ma di non sentirti del tutto gradito?
Ti è mai capitato di avere a che fare con persone con cui hai la sensazione che stiano svolgendo “solo” un lavoro a prescindere dalle tue esigenze?

Prova a chiedere in un ristorante di Portofino qualcosa di fuori menù, al gestore di un bagno di Forte dei Marmi un sevizio in più, nell’officina di una casa automobilistica tedesca di risolvere un problema non comune o al bancario di uscire dagli schemi perché hai una necessità.

Che i liguri siano poco ospitali ormai è oggetto anche di satira e che i toscani non siano da meno non è una novità. Sta di fatto che ogni volta che incrocio quell’atteggiamento forzatamente educato o quell’educata strafottenza mi da su ai nervi. Sei un cliente ma vieni trattato come se ti stessero facendo un piacere.

“Non è possibile fare nessuna variazione al menù” ti viene risposto sorridendo nel ristorante più di classe di Santa Margherita. “Mi dispiace ma non abbiamo altri teli a disposizione” è la reazione cordiale ma disinteressata dell’uomo al desk di un lussuosissimo bagno di Forte dei Marmi che affitta le sue tende per qualche migliaio di euro al mese.

Condivido quello che sento dire spesso: se i paesaggi e il mare della Liguria e della Toscana fossero stati dati in mano ai romagnoli sarebbe tutta un’altra musica.

L’epidemia del “non è un mio problema/pensiero” contagia tutti i settori.

Prova a portare la tua automobile nuova di zecca dal meccanico specializzato per uno strano problema al cruscotto. Il tecnico, dopo aver messo in pratica tutti i passaggi di prassi e non aver risolto niente, se la caverà con: “Mi faccia chiamare in sede per capire come fare, la richiamo non appena avrò delle risposte”.

Quello che nessuno dice ma traspare in modo cristallino è “insomma, sono poi fatti tuoi”.

Dov’è finito quel sano “ci penso io” di una persona disposta a mettere tutto sotto sopra di sua iniziativa pur di accontentarti?
Ci sono ancora eh! Ne sono fermamente convinto. Ma sono esclusiva del modo di fare di un imprenditore. Se ci potessimo rivolgere al proprietario dell’attività avremmo tutta un’altra risposta (Liguria esclusa, alle predisposizioni caratteriali non si comanda).

In banca? Non funziona allo stesso modo? A meno che tu non possa parlare con i piani alti, e credimi, non puoi, il tuo referente non ha nemmeno l’istinto di “tirarsi su le maniche” per te.

A questo proposito, proprio l’altro giorno un mio cliente, un imprenditore del mondo ceramico, mi ha raccontato della sua esperienza.
Era molto in confidenza con Lucio (nome di fantasia per rispetto della privacy), un bancario con cui aveva fatto alcune operazioni e si trovava abbastanza bene.

A un certo punto della sua carriera, Lucio aveva deciso di intraprendere la strada del consulente finanziario. In banca non si trovava più bene non avendo la libertà di operare e di scegliere come invece sperava e si sentiva di fare. Parole sue.

Il mio cliente, quando ancora non ci conoscevamo, aveva deciso di seguirlo e di destinarvi una parte dei suoi soldi.

Tre anni dopo…
…niente di nuovo rispetto alla gestione precedente.

Secondo la testimonianza del mio cliente:

  • i prodotti offerti erano quasi esclusivamente quelli della società per cui Lucio lavorava
  • i risultati erano normali e tendenti al basso
  • le iniziative di investimento e la volontà di fare erano proprio sui minimi sindacali

“Secondo me i dipendenti bancari subiscono un ‘lavaggio del cervello’
 restano ancorati a quello che gli viene detto di fare.
La mancanza di esperienza diretta sui mercati ha fatto sì che non avesse idee
anche una volta uscito dalla banca.
Era troppo abituato a eseguire quello che gli veniva detto di fare”

Sono queste le parole dirette del mio cliente che dopo quella delusione ha deciso di guardarsi intorno e di rivolgersi a me.

Il problema della mancanza di idee è proprio quello che cercavo di esprimerti all’inizio del mio articolo.

Un dipendente, non solo in ambito finanziario, non è allenato a prendere iniziative.

 Manca dell’autonomia culturale e dell’ingegno
che un imprenditore ha invece sviluppato per istinto di sopravvivenza.

Fa quello che gli viene detto di fare e in questo modo si sente a posto.

Essere un dipendente è uno stile di vita, non sono una semplice condizione lavorativa.

Lucio, da consulente finanziario è passato ad essere un libero professionista, ma la società per cui lavora gli passa studi e diktat sui prodotti da utilizzare e da proporre.
Il che è ben diverso dal fare gli interessi dei clienti.
Non ha idee nuove e non è capace di imporre la propria autonomia perché manca di esperienza diretta sul campo.

Il suo bagaglio lavorativo precedente è fatto di corsi di formazione discutibili, riunioni su strategie imposte dai piani alti e interminabili giornate in filiale dove l’unico obiettivo è quello di far venire l’orario di chiusura. E dire che era anche tra i più bravi se una società di consulenza finanziaria gli ha offerto una collaborazione.

Pensa come può essere diverso lo spirito di iniziativa
di chi ha vissuto i mercati da protagonista.

Di un ex trader della borsa di Wall Street dove magari ha lavorato per la Lehmann Brothers quando era riconosciuta e premiata come la miglior banca del mondo.

E, sì, lo potresti anche conoscere, perché quell’ex trader sono io.

Ho sgomitato, corso, urlato all’interno della borsa di New York,
ho frequentato i luoghi più esclusivi del business,
passando da un incontro all’altro con i principali uomini d’affari del mondo.

E lo faccio ancora oggi.

Se vuoi conoscere i dettagli più “intimi” della mia esperienza a Wall Street scarica qui sotto il capitolo del mio libro dedicato proprio al mio passato da trader nel tempio della finanza.

Non propongo mai un investimento al cliente senza aver prima guardato negli occhi i gestori per valutare la solidità della proposta e le reali prospettive.

Ho gestito l’intero patrimonio di una banca, per oltre 5 miliardi di euro applicando quelle tecniche che ho appreso direttamente a Wall Street. Per questo ho elaborato una mia personale strategia e fondato una mia struttura la RUINIINVESTIMENTI appoggiandomi al gruppo bancario che ritengo il più internazionale: questo a tutela del patrimonio dei miei clienti.

È il vissuto costante sui mercati che mi permette di essere autonomo in ogni decisione.
E di essere in grado di proporti soluzioni che non sono alla portata di tutti.

Se sei un imprenditore di successo, e sono sicuro di sì, dovresti affidare il tuo patrimonio a qualcuno che non lo consideri una rogna da risolvere per far passare il tempo.

Dovresti affidarlo ad un altro imprenditore.

Per questo ci dovremmo conoscere.

Torniamo per un momento al ristorante di Santa Margherita. Sei seduto con gli amici, ma all’improvviso un gran mal di pancia ti toglie l’appetito. Non solo, il dolore è così grande che, dopo aver fatto diverse tappe alla toilette, ti ritrovi al tuo posto, paonazzo e completamente piegato su te stesso.

Tra una portata e l’altra, il cameriere si accorge della tua situazione, ma si guarda bene dal chiederti cosa succede. Deve finire di servire tanti tavoli, non ha voglia di scocciature.

Fa finta di niente e continua a servirti le portate che hai ordinato prima del mal di pancia, fino a quando tu, che proprio non ne puoi più, gli chiedi un digestivo o qualcosa che possa farti stare meglio per poter tornare a casa.

Sai già vero quale sarà la sua risposta?

“Mi dispiace non abbiamo niente” è la frase cordiale quanto incurante che ti rivolgerà.
“Sono problemi tuoi” è il suo pensiero.
Tutto qui. Non sei un suo problema.

Torniamo ora per un momento alla filiale di una banca. Sei un cliente facoltoso che ha investito con il suo private un importante somma di denaro. Improvvisamente il mercato crolla e il tuo patrimonio ne subisce le conseguenze.

Il dipendente che segue (per modo di dire) la tua posizione se ne accorge, ma fa finta di niente sperando che sia solo una sussulto momentaneo. Si guarda bene dall’avvisarti e tanto meno ha le competenze per intervenire immediatamente. Segue con il minimo sforzo le direttive dei suoi superiori, che di solito sono quelle di temporeggiare.

Nel frattempo il mercato non si risolleva e il tuo investimento scende con esso…

Sei tu che appena te ne accorgi chiami con urgenza il tuo private di riferimento per avere chiarimenti e soluzioni alternative immediate.

Sai già vero quale sarà la sua risposta?

“È una situazione momentanea, stiamo monitorando il mercato”
Dice il bancario recitando senza varianti quello che gli è stato detto di dire in questi casi.
“Che due scatole sto mercato, mai un momento di tranquillità”
Pensa senza sapere bene a quale misteriosa entità o equazione si stia riferendo.

E intanto il tempo passa…e il tuo denaro potresti non rivederlo più…

Diciamocelo pure, da imprenditore a imprenditore:
lasceresti mai un tuo cliente in balia del destino?

Io assolutamente no e nemmeno tu.

Ho vissuto le crisi degli ultimi 25 anni sul campo dove ho allenato l’istinto per salvaguardare, sopra ogni altra cosa, i soldi dei miei clienti.
Conosco le regole che dominano il mercato e so bene, perché l’ho visto e vissuto che quelle stesse regole non sono eterne né valgono in tutte le situazioni.

Ci sono segnali che vanno saputi cogliere
e ci sono strategie per intervenire PRIMA che sia troppo tardi.

Non sei curioso di conoscerle?

A presto!

Luca Ruini

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