Il problema dell’investitore (anche tuo)

“Te allora giochi in borsa!”

Ecco è successo di nuovo.

Sai quante volte nelle più disparate conversazioni il verbo “giocare” finisce nella stessa frase della parola “borsa”?

Farà sempre parte della mia solita deformazione professionale, ma la cosa continua a procurarmi un certo formicolio. Sarà che in borsa ho visto persone che si sono drammaticamente rovinate, altre che hanno creato un impero che proprio definirlo un “gioco” non mi è mai venuto in mente.

Eppure fa parte del senso comune.

Il mio interlocutore di oggi è un uomo di successo, decisamente in gamba e con un grande patrimonio che mi ha chiesto di prendere in carico.
Ci conosciamo da un po’ e oggi la conversazione di solito centrata sul lavoro è diventata confidenziale. Era stanco di certe situazioni che aveva in essere.

Nel suo modo di parlare chiaro, preciso e concreto, da capitano d’azienda sono emersi stereotipi e verità sul mondo finanziario. Penso valga la pena ripercorrerli velocemente, prima di arrivare al punto. Ti svelerò, proprio come ho spiegato a lui, perché chi in borsa guadagna davvero, sicuramente non gioca.

Partiamo dall’inizio.

È lunedì mattina, sono arrivato in ufficio che fuori fa ancora buio. Fuori, uno di quei temporali di fine estate fa così chiasso, tra tuoni e fulmini, che quasi sembra tenere compagnia. Come sempre mi sintonizzo sui mercati, ho le mie ragioni per pensare che saranno di cattivo umore.

Franco è puntuale (ovviamente non si chiama così, ma, come ormai sai, la riservatezza dei miei clienti viene prima di tutto). Lascia fuori l’ombrello fradicio di pioggia e si compiace del caffè fumante che prendiamo insieme. Chiudiamo la porta del mio ufficio, in modo che nessuno ci possa disturbare. La mia segretaria e il mio staff sanno che sono reperibile solo per le urgenze.

Parliamo di affari e di strategie che non usciranno assolutamente da quella porta chiusa. Parliamo anche di dubbi e incertezze. Sono queste che voglio condividere con te perché credo ti possano appartenere e interessare.

“Ho il voltastomaco ad andare in banca – mi dice Franco – non ci vado più. Nessuno ti considera, non sanno chi sei, ti trattano come un numero. In più ho la sensazione che propongano pacchetti con lo 0,5% (0,1-0,2) e tengano le cose più redditizie per clienti più importanti”.

  • Falsa credenza numero1: “La banca ti frega”

Di solito quando c’è da “attaccare” la banca io ci vado a nozze. E non per il gusto di farlo. Ma la percezione che la banca sia lì per fregarti non è corretta. Da certe affermazioni mi rendo conto come manchi la consapevolezza dei tassi e dei rendimenti attesi.

Sarebbe più corretto dire che la banca non è più al passo con i tempi
e che non può offrire le soluzioni migliori per te perché deve rendere conto
a un sistema autoreferenziale in cui il primo interesse è proprio quello della banca.

È il motivo principale per cui io sono uscito dal sistema bancario. Ho lavorato in un istituto di credito italiano per circa 9 anni gestendo il suo patrimonio di oltre 5 miliardi di euro. Ho vissuto il sistema nel cuore, non nelle arterie periferiche delle filiali, quelle a cui per forza di cose fai riferimento tu, dove le informazioni sono le ultime ad arrivare in piena discordanza con la velocità dei mercati.

È difficile però dire che un rendimento allo 0,5% (per tornare alle parole di Franco) sia poco o tanto. È tutto relativo. Se psicologicamente lo andiamo a confrontare con quella che può essere la giusta remunerazione del capitale che investiamo è sicuramente poco. Per capire però se ciò che la banca ci offre è davvero poco è necessario conoscere il contesto del mercato. Cosa di cui il risparmiatore non ha il polso, proprio e giustamente perché fa un altro mestiere.

All’interno di questo contesto di mercato c’è chi se ne approfitta di più e chi di meno.
Proprio come in tutte le realtà aziendali.
Qual è la soluzione?

Pensa di voler comprare una bottiglia di Champagne ma non sei un intenditore. Potresti spendere tantissimo senza sapere se quello che hai pagato è il suo reale valore oppure il ristorante ha moltiplicato per 3 il prezzo della cantina. Magari ne esistono di migliori a prezzi più bassi. L’unico modo per saperlo con esattezza è avere di fianco un sommelier professionista.

Idem per la questione della banca.

Il “trucco” è avere di fianco qualcuno che sappia interpretare se quello che ti viene detto
ha un senso razionale sulla base delle reali condizioni del mercato.
E che sappia riconoscere se quello che ti viene detto
rispecchia invece valenze di tipo commerciale.

È ovvio che questa persona non può essere il dipendente della banca che fa gli interessi del “padrone” per il quale lavora.

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“Prima di conoscerti avevo deciso di non investire più niente in azioni – continua Franco – anni fa ho perso il 40%. Se penso alle perdite e ai mancati interessi non ho più la spinta e l’utilità per farlo”.

  • Falsa credenza numero2: Con le azioni si ci perde sempre

Franco, con la mia gestione, ha avuto modo di ricredersi, ma la percezione è abbastanza comune.

O meglio: il rischio di perdere tanti soldi nel mercato azionario è vivo e vegeto e tale rimarrà. È la parola “sempre” che non funziona.

Per agire in borsa devi conoscere le regole a fondo
avere strategie lungimiranti e informazioni prima degli altri.

Rischi e opportunità si alternano in un walzer senza ritmo e quindi non prevedibile.

Ho lavorato come trader alla borsa di Wall Street quando avevo 34 anni. Ho sgomitato sui mercati in prima linea, posso assicurarti, senza falsa modestia, che so come funziona il sistema perchè l’ho vissuto.

Ho imparato e sperimentato tecniche nella gestione di grandi patrimoni
che solo chi ha avuto la mia stessa esperienza può applicare con precisione scientifica.
E, credimi, ce ne sono davvero pochi al mondo e ancora meno in Italia.

Per avere in anteprima alcuni particolari scarica qui gratuitamente il primo capitolo del mio libro “Le confessioni di un ex squalo di Wall Street pentito”.

Nella stragrande maggioranza dei casi chi opera in borsa, anche se professionista o presunto tale, compra una o più società con nomi conosciuti o in voga, senza capire se era il momento giusto, quali strategie stanno sotto le scelte di quella società, i bilanci, il contesto nel quale si sta muovendo all’interno del suo settore economico.

Sono fattori determinanti.

È il gioco della concorrenza tra le varie aziende. Un bravo analista finanziario deve darti questi tipi di indicazioni.

Quando il mercato è di buon umore, titoli buoni e titoli cattivi salgono creando pie illusioni. Quando il mercato fa il difficile, se non hai capito quello che sta dietro, finisci a terra ancora prima di poter accusare il colpo.

Ci sono tecniche, destinate a patrimoni giganti,
in cui si ci guadagna prendendo posizioni opposte
su due società concorrenti del medesimo settore.

Non tutti sono in grado di farle e soprattutto, pochi hanno le conoscenze tecniche e le informazioni necessarie per poterle fare.

Resto sul vago per due motivi.
Primo, non ho nessuna intenzione di svelare le mie strategie sul web, nemmeno in piccolissima parte.
Secondo, dovrei per forza semplificare cosa che potrebbe trarre in inganno e portare qualcuno a fare dei tentativi. Sarebbe un disastro.

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“Te allora giochi in borsa!” mi sento dire a questo punto da Franco, che corregge il tiro nel momento in cui io indico scherzosamente la porta. Ormai mi conosce, la sua è una provocazione.

E a quel punto mi apro anche io. Gli racconto di quante volte me lo sento dire da semplici conoscenti o persone che incontro con le quali, parlando del più e del meno, si arriva al mio mestiere.

Eccoci al punto di partenza di questo articolo.

  • Falsa credenza numero3: si può giocare in borsa

C’è chi si “diverte” in borsa comprando un titolo e vendendolo, provando a guadagnare sulla differenza di prezzo. Premesso che il termine tecnico è “speculazione”, la faccenda non è semplice come sembra.

C’è stato un momento della storia, in cui tanti sono stati affascinati dalla facilità con cui si poteva guadagnare speculando in borsa. Quel periodo ha preceduto la crisi del ‘29 di cui avrai sicuramente sentito parlare che ha riportato tutti con i piedi per terra. Letteralmente. Chi era riuscito a comprare una macchina costosa, ci aveva rimesso a tal punto dal dover rinunciare ad essa e dover andare a piedi.

Per fare un esempio più moderno, è quello che è successo con la bolla di internet. Ricordi Tiscali? Dal grande e boom alla completa svalutazione? Ci sono persone che addirittura si sono suicidate perché non hanno retto il colpo.
Nel mio libro ho svelato tutti i dettagli.

Senza voler essere così drastici, dico solo “il giochino funziona se dura poco” o ancora meglio “se lo si sa fare con cognizione”. Soprattutto, di certo, non significa fare investimenti.

Metteresti mai il tuo intero patrimonio in un singolo titolo?

La credenza che con la finanza si possa diventare ricchi non è veritiera, nel senso che se voglio moltiplicare in brevissimo tempo il mio capitale mi devo assumere dei rischi in proporzione a quello che voglio ottenere.

Affidarsi a qualcuno che lavora con la finanza non significa diventare ricchi dall’oggi al domani.
Le persone veramente ricche sono già ricche.
Quando qualcuno mi affida il suo capitale il mio obiettivo è guadagnare in modo soddisfacente
(e, perché no, anche raddoppiare in 6/7anni senza ansie).

Non quello, ad esempio, di decuplicare il capitale.
A meno che non si accettino i rischi in proporzione all’obiettivo.

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Al momento dei saluti Franco prende il plico di fogli con tutti i dettagli delle operazioni che abbiamo condiviso e mandato avanti, e la copia del libro riservata ai miei clienti.

Lo avrei chiamato entro fine settimana per dargli tutti gli aggiornamenti.

Fuori piove ancora a dirotto, ma mi accorgo che Franco ha dimenticato di prendere l’ombrello.
La mia segretaria lo rincorre che già era salito in macchina.
“Mi ero dimenticato del brutto tempo – le ha detto lui nel ringraziarla – mi sento in una botte di ferro che qualche goccia di pioggia nemmeno l’ho sentita”.

Per uscire dalla sua metafora: se il patrimonio è al riparo,
qualche capriccio del mercato si può anche sopportare.

Non credi di meritare di sentirti come Franco?

A presto!

Luca Ruini

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